Che i team aziendali siano sempre più eterogenei, a livello culturale, è un dato di fatto. È sentire comune che, visto che i media creano una bolla e visto che siamo in grado di connetterci molto facilmente con gli altri, che in qualche modo stiamo sviluppando una cultura globale e che le differenze culturali si stiano sensibilmente assottigliando.
Bolla e differenze culturali: più abituati, ma meno consapevoli
Le cose, in realtà, non stanno proprio così – sostiene la docente ed esperta di cross-cultural management all’INSEAD Business School Erin Meyer. “Più lavoriamo interconnessi a livello culturale, più la cultura impatta su noi. Più lavoriamo con persone di culture diverse via mail, di persona, al telefono, meno diventiamo consapevoli di quanto la cultura ci condizioni.”
Insomma, la cultura in un contesto indiscutibilmente globalizzato impatta di più, ma ne siamo meno consapevoli. Ecco perché per il management e per la leadership – che ogni giorno si confrontano con la necessità di gestire queste diversità e di trarne potenzialità – è cruciale mantenere alto il livello di consapevolezza, per adattare il suo stile ai risultati aziendali che ci si aspetta di ottenere da team e collaboratori. “Se non sappiamo come decodificare le altre culture o evitare di cadere facilmente nelle trappole culturali, siamo esposti a incomprensioni o a inutili conflitti” aggiunge Meyer.
Gestire la diversità con la Mappa delle culture
Per supportare i manager a gestire questa complessità, la docente ha sviluppato uno strumento chiamato Mappa delle culture. Si tratta di una “mappa” che mette in evidenza gli otto aspetti del comportamento all’interno delle aziende in cui sono più comuni i divari culturali e a cui, dunque, prestare particolare attenzione per imparare a gestirli e trasformarli in opportunità.
Questi aspetti, che la ricercatrice definisce “scale”, aiutano proprio a misurare e confrontare le caratteristiche di una specifica società rispetto a un’altra, per capire in che misura la cultura la influenza.
Le 8 scale della Mappa delle culture
1. Comunicazione
È un buon comunicatore. Lo diciamo o sentiamo dire spesso, ma ciò che rende un comunicatore un buon comunicatore varia enormemente da società a società. Riprendendo una metrica sviluppata dall’antropologo americano Edward Hall, esiste un continuum lungo la scala della comunicazione, alle cui estremità si trovano culture ad alto e basso contesto. Nelle culture a basso contesto, la buona comunicazione è una comunicazione precisa, semplice, esplicita e chiara. È apprezzato ripetersi per chiarirsi; mettere per iscritto i messaggi è considerato altrettanto positivamente. Nelle culture ad alto contesto, al contrario, un buon comunicatore è piuttosto colui che sa mandare messaggi impliciti, che lascia più spazio all’interpretazione. Si tratta di culture in cui la comunicazione è più sofisticata, sfumata e stratificata e la comprensione può dipendere dalla lettura tra le righe.
2.Valutazione
Tutti in linea di massima riteniamo che le critiche siano sempre ben accette, purché vengano fatte in modo costruttivo. Ma che cosa significa costruttivo? È più costruttivo un feedback negativo franco, o uno più diplomatico? Molte culture hanno posizioni anche molto diverse su quest’aspetto della valutazione. Se in Francia, dove c’è una cultura ad alto contesto, si preferisce dare un riscontro implicito, nel Regno Unito l’approccio alle critiche e ai feedback è molto più diretto, racconta Meyer.
3. Persuasione
I modi di persuadere e le argomentazioni più convincenti sono profondamente radicati negli assunti e negli atteggiamenti filosofici, religiosi ed educativi di una cultura. Per confrontare culture diverse su questa scala – suggerisce l’esperta – si può analizzare se il modello di pensiero adottato è più olistico o più specifico. Secondo l’esperienza e le estensive ricerche della docente, un dirigente occidentale tende a scomporre le argomentazioni in una sequenza di componenti distinte (pensiero specifico), mentre i manager asiatici tendono a mostrare come ogni componente si adatti a tutte le altre (pensiero olistico). Chi proviene da culture dell’Europa meridionale e germanica trova più persuasive le argomentazioni deduttive, mentre i manager americani e britannici sono più facilmente influenzati dalla logica induttiva.
4. Leadership
Questa dimensione misura il grado di rispetto e deferenza mostrato nei confronti delle figure autoritarie, collocando i Paesi su uno spettro che va dall’egualitarismo alla gerarchia. In Nigeria, per un bambino è fondamentale rispettare le parole di un fratello maggiore, di un insegnante o di un genitore, e un dipendente applicherà la stessa logica nei confronti del suo superiore. In Danimarca, per un bambino l’insegnante o una persona più anziana sono dei facilitatori: successivamente l’opinione del superiore o del datore di lavoro è più simile a un’opinione di un pari.
5. Decisioni
Spesso si pensa che le culture più egualitarie siano anche quelle più democratiche, e che quelle più gerarchiche permettono a chi è al vertice di prendere decisioni unilaterali. Ma, ancora una volta, sottolinea la docente, non è sempre così, e questa dimensione aiuta a misurare il grado di consenso di una cultura. In Germana c’è una maggiore tendenza alla gerarchia rispetto agli Stati Uniti, ad esempio, ma si è ancora più propensi a creare un accordo di gruppo prima di prendere decisioni. In Giappone, ancora, le persone sono sia fortemente gerarchiche, che fortemente consensuali.
6. Fiducia
La fiducia – unanimemente considerata una condizione fondamentale per la leadership e il management – ha anch’essa tante sfumature. Può essere più “cognitiva” o più “affettiva”. Ci sono culture in cui la fiducia si costruisce cognitivamente attraverso il lavoro: se si lavora bene insieme, se c’è dimostrazione di affidabilità e di rispetto per i contributi degli altri, si genera fiducia. Poi ci sono società più basate sulle relazioni, in cui la fiducia è il risultato della creazione di un forte legame affettivo. Se condividiamo dei bei momenti, se ci conosciamo a livello personale e proviamo una simpatia reciproca, ci fideremo l’uno dell’altro.
7. Disaccordo
Il confronto è sempre produttivo. Anche questa è una frase che generalmente condividiamo, ma in realtà culture hanno idee diverse su quanto il confronto possa essere produttivo per un team o un’organizzazione. La tolleranza per la divergenza di opinioni è un fatto culturale e influisce sulla convinzione o meno che esso possa migliorare o distruggere le relazioni di un gruppo.
8. Programmazione
In tutte le aziende vigono orari, ma in alcune culture i collaboratori vi si attengono rigorosamente, mentre in altre sono più un’indicazione che una regola indiscutibile. Per alcune società, infatti, è cruciale operare in modo strutturato e lineare; altre danno culturalmente più valore all’essere flessibili e reattivi.
Gestire team globali: la Mappa delle culture al Leadership Forum
Queste dimensioni, naturalmente, convivono in maniera complessa all’interno della mappa: ecco perché per valutare l’influenza culturale è necessario farlo considerando tutte le 8 scale, per individuare le somiglianze e le differenze e riconoscere le potenziali sfide e opportunità che possono sorgere quando due gruppi diversi collaborano. Al Leadership Forum, il grande evento dedicato alla leadership e al management, approfondiremo l’utlilizzo della mappa per gestire le diversità culturali all’interno di team e aziende sempre più globalizzati insieme alla sua ideatrice Erin Meyer.
Meyer, nel corso della sua carriera in Africa, USA ed Europa, ha studiato le differenze tra i sistemi aziendali in diverse zone del mondo. Inserita tra i 50 business thinker più influenti al mondo da Thinkers50, ha condotto insieme al cofondatore e CEO di Netflix, Reed Hastings, uno studio sui principi alla base di una cultura aziendale innovativa dal quale è nato il bestseller mondiale L’unica regola è che non ci sono regole: Netflix e la cultura della reinvenzione, definito dal Financial Times il miglior libro in ambito business del 2020.
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