Nel 2024, l’Earth Overshoot Day è stato il 1° agosto, segnando il giorno in cui l’umanità ha consumato tutte le risorse che la Terra è in grado di rigenerare in un anno. In altre parole, dal 1° agosto abbiamo iniziato a vivere “in debito ecologico”, esaurendo le risorse naturali previste per l’intero anno dopo soli sette mesi dal suo inizio.
Si tratta di un dato allarmante che va sommarsi alle problematiche legate alla crisi climatica e che mettono a dura prova società ed economie a livello globale. In un numero sempre crescente di leader è in continua crescita la consapevolezza che, per aziende e organizzazioni, non è sufficiente “essere green”. Si sente il bisogno di andare oltre la semplice sostenibilità e di impegnarsi per rinnovare e ripristinare l’ambiente e le comunità in cui si opera, per generare un impatto positivo.
Net positive: la leadership che coniuga profitto e sostenibilità
“Ed è proprio ciò che fanno i leader net positive”, osserva Paul Polman, già CEO di Unilever, che sotto la sua guida ha quasi triplicato il valore di mercato classificandosi più volte al primo posto nel mondo per la sostenibilità, grazie a un piano visionario chiamato Unilever Sustainable Living Plan.
Una leadership “net positive”, insomma, è un modello di leadership in grado di agire combinando crescita aziendale e benessere per le persone e per il Pianeta in modo etico, senza trascurare le sfide della competitività, anzi cogliendole per creare maggior valore per stakeholder, collaboratori, comunità.
Ma quali sono le caratteristiche che contribuiscono a creare una leadership net positive?
Purpose: cosa fai di unico per migliorare il mondo?
Cuore pulsante di questo modello di leadership è il purpose. Il senso di scopo è ciò che spinge i leader ad agire non più in un’ottica di semplice ambizione personale, ma seguendo la traccia di una domanda centrale: “Cosa fai di così unico per rendere il mondo migliore?”. La risposta va ben oltre le aspirazioni personali, racchiude in sé un mindset rivolto al bene comune in grado di impattare significativamente sulla società, oltre che sulla crescita aziendale.
Patagonia e Unilever sono esempi di aziende guidate dal purpose e da CEO che vogliono fare la differenza. Nel loro modo di operare, sono tanti i benefici che generano, creando un effetto a catena, tra cui quello di attrarre talenti più motivati che, credendo fermamente nella mission, portano risultati straordinari. Un asset realmente strategico che consente di superare i competitor in un mercato sempre più interessato alla sostenibilità.
Obiettivi: affrontarli con pensiero multigenerazionale
I leader net positive pensano in modo multigenerazionale: costruiscono partnership che durano nel tempo e operano con un alto livello di empatia, compassione e umiltà. Queste partnership sono fondamentali, ad esempio, nell’approccio agli obiettivi. “Assumersi la responsabilità di un impatto totale sulla società, quando non si è totalmente al comando e non si può stabilire l’agenda” – sottolinea l’ex CEO Unilever – è complesso e delicato, specie quando gli obiettivi che ci si pone sono ambiziosi. È ciò che è successo proprio nel 2010 quando Polman, insieme al team di Unilever, ha creato l’Unilever Sustainable Living Plan.
La sfida dell’Unilever Sustainable Living Plan
Il piano mirava a ridurre l’impatto ambientale e a migliorare il benessere delle persone, favorendo un’economia più inclusiva e lo faceva attraverso 50 obiettivi ambiziosi, molti dei quali al primo impatto sembravano estremamente sfidanti, se non irrealizzabili. Il purpose, diffuso e condiviso in azienda, che motivava – e continua a motivare – la multinazionale era però molto forte. Consapevoli, inoltre, che si trattava di obiettivi da non raggiungere da soli, Unilever ha “aperto le porte” a partnership trasformative e a lungo termine che hanno permesso di completare parte del piano, ancora in corso, e diventare un modello di affidabilità a livello globale.
Al servizio delle persone e del Pianeta
“Se essere green significa fare meno danni all’ambiente e sostenibilità significa raggiungere il net zero, essere net positive significa migliorare sostanzialmente le cose”, osserva Polman, andando oltre l’idea di minimizzare i danni. Vuol dire impegnarsi attivamente per accrescere il benessere delle persone e del Pianeta.
Un simile risultato presuppone una leadership che vede le persone “come esseri umani e non come semplici azioni”, valorizzando ogni talento che porta in azienda la propria unicità e promuovendo politiche di inclusione e diversità. È proprio in questo cambio di prospettiva che l’empatia gioca un ruolo fondamentale: un business model che ha al centro empatia e intelligenza emotiva infatti, è un modello che dà priorità al rispetto dei diritti umani e che li garantisce lungo tutta la catena di approvvigionamento, offrendo condizioni di lavoro sicure, remunerazioni eque e opportunità di crescita professionale.
È fondamentale, quindi, per i leader net positive la capacità di “mettersi nei panni degli altri”: consente di estendere lo sguardo al di fuori dell’impresa, ponendo l’attenzione sull’impatto che ha nei confronti delle comunità circostanti oltre che sulle generazioni future. Con l’obiettivo di proteggere l’ambiente, e generare ricchezza nella società, le aziende net positive crescono “servendo” i clienti e il mondo attraverso il loro lavoro. Un esempio emblematico è l’approccio di Danone North America che mira a implementare un sistema di agricoltura rigenerativa in grado di preservare la biodiversità e di migliorare il benessere sia del suolo, sia degli animali, consentendo agli agricoltori in difficoltà di ottenere raccolti più abbondanti. (Abbiamo già parlato di imprese rigenerative in un articolo, che puoi leggere cliccando qui.)
Il coraggio di sfidare i business model tradizionali
Spesso il peso della responsabilità nei confronti di collaboratori, stakeholder e finanziatori, tende a far ridimensionare la portata degli obiettivi per “paura di perdere”. Ma altrettanto spesso, se si intraprende la strada della cautela, a perdere è ugualmente l’azienda perché si frena l’innovazione – e di conseguenza la crescita – oltre che l’impatto positivo che potrebbe avere sul Pianeta.
“Per essere leader net positive ci vuole coraggio”, sottolinea Polman, che ha contribuito a elaborato gli Obiettivi ONU di sviluppo sostenibile 2030. E il coraggio deriva proprio da quel senso senso di scopo e di servizio che punta oltre il presente, raggiungendo le generazioni future. Si tratta di una “forza” che permette di tradurre i valori in azioni concrete, manifestandosi non soltanto in un impegno costante per la giustizia, la compassione e il rispetto, ma anche nella volontà di essere trasparenti coi collaboratori e con il mondo, assumendosi tutte le responsabilità – positive e negative – che derivano dalle scelte intraprese.
Valori etici, coerenza e fiducia
Un altro aspetto fondamentale della leadership net positive è prendere atto che i collaboratori sono assolutamente in grado di capire quando valori etici e sostenibili vengono promossi solo per rispondere a pressioni sociali o ai trend di mercato. In una fase in cui lo remote working permette di “vedere” l’interno delle case e i social sono una cassa di risonanza per le azioni compiute, la fiducia non si conquista più soltanto per come ci si comporta al lavoro, ma anche attraverso ciò che si fa nella vita privata.
Ed è quando le parole coincidono con le azioni, che i leader vengono considerati fonte di ispirazione, persone affidabili e da seguire per raggiungere una meta comune. Ciò crea un “effetto moltiplicatore” di impegno e risultati, che rafforza la cultura aziendale e consolida i team attorno a obiettivi sempre più ambiziosi.
Collaborare per vincere le sfide globali
Come abbiamo detto, i leader net positive sono costruttori di partnership trasformative perché sanno che le sfide globali non possono essere affrontate da una singola azienda, ma richiedono l’impegno collettivo di diversi stakeholder, come ONG, governi, fornitori. Ciò richiede di essere aperti al dialogo e condividere le proprie conoscenze con gli esterni, consapevoli che la transizione verso un modello net positive necessita di un approccio sistemico e collaborativo, capace di creare sinergie che impattano significativamente sul mondo.
Si tratta di superare l’approccio tradizionale centrato su una visione “inside-out”, che pone l’accento sulle competenze interne e su come utilizzarle per definire le strategie aziendali. L’elemento principale – e più critico – del mindset net positive risiede in una nuova ottica: quella “outside-in”, in cui le esigenze della società, i limiti del pianeta e i bisogni dell’umanità diventano il punto di partenza per indirizzare le decisioni operative dell’impresa.
Questo processo di trasformazione comincia quando “la normale predisposizione all’azione di un leader diventa una predisposizione all’azione trasformativa e collaborativa”, considerando ogni relazione una potenziale partnership, dove ogni stakeholder è alla pari. Un cambio di prospettiva che richiede una “grande dose di umiltà”, oltre all’abbandono di pregiudizi e stereotipi spesso radicati, affinché la partnership sia vista come “alleanza paritaria”, in cui tutti sono aperti a una vera collaborazione, accettando e rispettando le idee altrui allo stesso livello.
Visione e sostenibilità al Leadership Forum
Crescere e avere un impatto positivo sul mondo, generando benefici economici e sociali: ne parleremo al Leadership Forum, un business event interamente dedicato ai temi della leadership e al management, attraverso l’esperienza di Paul Polman, che condividerà i passaggi chiave che lo hanno reso uno dei più influenti leader aziendali del XXI secolo.
Paul Polman, già CEO Unilever, ha ricoperto alcune delle più alte cariche dirigenziali in Procter & Gamble e Nestlé, è stato vice-Chair dell’UN Global Compact e co-presidente della Commissione globale per l’economia e il clima e membro del gruppo che ha elaborato gli Obiettivi ONU di sviluppo sostenibile 2030. Oggi Presidente del consiglio di amministrazione della Saїd Business School dell’Università di Oxford, è stato riconfermato SDG Advocate dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres
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