Chiunque sia appassionato di tennis conserva il ricordo di un periodo magico, poco prima del crollo del Muro di Berlino, in cui è nato il mito di uno dei più grandi tennisti al mondo.
Boris Becker è giovanissimo quando vince il suo primo Wimbledon: a soli 17 anni, sotto la guida di Ion Tiriac, riesce a farsi strada nel ranking mondiale fino alla sfida finale con il 7 volte campione del mondo Ivan Lendl.
Ribelle fin da piccolo, il suo talento era talmente tanto evidente che il Ministero della Pubblica Istruzione gli concesse una dispensa speciale per permettergli di abbandonare la scuola dopo la terza media. Anche in campo, dove colpisce duro con il servizio a tal punto da meritarsi il soprannome di Bum Bum, Becker è un combattente che non teme nulla e si tuffa in ogni angolo del campo pur di recuperare la palla.
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Game-set-match: il peso delle aspettative vincenti
Anni incredibili per il tennis: stava emergendo un nuovo modo di concepire il gioco. Se Edberg, Vilander e Lendl erano giocatori eleganti e leggeri, stava per nascere una generazione di campioni – da Agassi a Sampras, dalla Capriati alla Sabatini – che avrebbero inaugurato una stagione fatta di gioco di potenza e colpi lungolinea.
Ma prima di questo c’è stato Boris Becker, forse l’ultimo giocatore che ha saputo esprimere un mix formidabile di potenza fisica e stile, acrobazia e tecnica. Non è un caso che abbia vinto 6 tornei del Grande Slam, 3 ATP Finals, 2 Coppe Davis, 2 World Team Cup, 1 Hopman Cup, la medaglia d’oro in doppio alle Olimpiadi di Barcellona. E come se non bastasse aver vinto tutto, è stato anche il numero uno al mondo.
“Non è stato un vantaggio aver vinto quei due Wimbledon così presto, perché tutti si aspettavano che io vincessi tutto e sempre”, ricorda in un’intervista il campione, un onere che pesa nello sport tanto quanto nel business. Nel mondo corporate, infatti, spesso vigono aspettative irrealistiche nei confronti di chi ricopre un ruolo di leadership, che diventano fonte e causa principale di insoddisfazione e di burn out.
Resilienza e mindset
Ma quando “si raggiungono certi livelli”, aggiunge Becker “le partite si vincono con strategia, mentalità e forza di volontà” fattori che possono guidare anche i leader nello sviluppo di un mindset resiliente, orientato agli obiettivi, che non pone limiti alle possibilità di successo. E il grande campione sa quanto sia fondamentale una mentalità del genere per continuare a tenere le redini della realtà e del gioco, soprattutto dopo aver perso tutto quello che si è vinto in campo.
La caduta dall’Olimpo del tennis avrebbe potuto fermare molti da un ritorno sulle scene dello sport, ma non il grande tennista che ha saputo trasformare le sconfitte in opportunità di crescita professionale. A tal punto da diventare anche l’allenatore di Novak Djokovic per tre stagioni, durante le quali il campione serbo ha vinto ben 6 tornei del Grande Slam e 14 titoli nei Masters 1000.
Una tipologia di resilienza, quella di Becker, che è molto importante saper sviluppare per chi ricopre ruoli di leadership.
Mindset e resilienza: Leadership Forum 2024
Resilienza, forza di volontà e strategia: la mentalità di un leader vincente è guidata anche da questi fattori. Ne parleremo al Leadership Forum insieme a Boris Becker, uno dei più grandi tennisti della storia che, nel corso della carriera, ha giocato complessivamente 941 match, vincendone ben 716, diventando il più giovane vincitore nella storia del torneo di Wimbledon ed è dal 2003 parte della International Tennis Hall of Fame.
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