I mesi appena trascorsi sono stati indubbiamente complessi, sia per le aziende più consolidate, sia per le cosiddette start up. Mentre si cercava di capire, giorno dopo giorno, cosa sarebbe successo subito dopo, è stato necessario abbassare i budget e contenere gli investimenti. In questi primi step di ripartenza, tuttavia, è importante ricominciare a parlare di crescita e di scalabilità.
Un modello “scientifico” per la scalabilità in 3 step
Mark Roberge, docente di vendite e marketing presso la Harvard Business School e già ideatore della sales acceleration formula (che abbiamo analizzato qui e qui) – un sistema predittivo per allineare vendite e marketing e far incrementare in modo esponenziale i fatturati e le performance dei sales -, ha applicato il suo approccio scientifico alla cosiddetta scalabilità di un business e ha messo a punto un modello in 3 step. Si tratta di un modello che aiuta ad analizzare come, quando e su quali fattori basare l’innesco della crescita e come operare per renderli praticamente effettivi.
Step 1: il Product Market Fit
Il concetto di Product Market Fit, ampiamente utilizzato da Eric Ries con il modello Lean Start up, ha cambiato già da tempo il modo di fare impresa. Con Product Market Fit si intende quella fase di attività di un’azienda raggiunta quando un prodotto o un servizio è in grado di soddisfare un mercato nello specifico. Quella che porta al raggiungimento del Product Market Fit è una fase importantissima. È quella in cui vengono svolti test e raccolti feedback che consentono di “fallire rapidamente” per giungere, con minor rischio e investimento, al prodotto giusto. Si tratta, insomma, di un fattore indispensabile di agilità per un’impresa. Se in precedenza si presupponeva che il mercato fosse adatto (fit) per il nostro prodotto, la realizzazione di un cosiddetto Minimum Viable Product, il prodotto minimo funzionante, un prodotto più sperimentale e da modificare mano a mano che si raccolgono feedback dal mercato, ha dato il via ad uno sviluppo molto più agile.
Un prodotto che può vendere bene non fa il Product Market Fit
“Avere un prodotto che può vendere bene non corrisponde ad avere il Product Market Fit” spiega tuttavia Roberge. L’adeguatezza del prodotto rispetto al mercato va approfondita e verificata attraverso alcuni specifici parametri. Tra questi, uno è certamente il livello di fidelizzazione del cliente perché, continua l’esperto, “l’unità di misura imprescindibile è sempre il livello di attenzione del cliente.” Ma nella new economy, lo sappiamo, tutto scorre in maniera rapida e il dato sulla fidelizzazione non è certo il primo ad arrivare. È un dato che, infatti, arriva necessariamente dopo un primo “ciclo” di customer experience. Attendere non è sempre possibile, anzi molto più spesso occorre agire in maniera tempestiva. Ecco perché Roberge propone al posto di un indicatore “postumo” come la fidelizzazione, un indicatore predittivo che ci permette di capire quando abbiamo raggiunto il Product Market Fit.
Un indicatore predittivo: il momento Aha
Quali sono i fattori che possiamo osservare nei primi 30 o 60 giorni di esperienza del cliente con la nostra azienda o prodotto? È necessario andare alla ricerca di quell’evento che, se avviene, farà in modo che il cliente resti “con noi” a lungo termine mentre, se non avviene, probabilmente ci abbandonerà. È, insomma quel momento di “illuminazione”, il famoso Aha Moment definito dal padre del Growth Hacking, Sean Ellis, e di cui abbiamo già parlato in questo articolo.
Perché, per la scalabilità, è importante il Momento Aha? Perché significa individuare il momento esatto in cui si raggiunge il Product Market Fit. Ed è quello l’istante in cui possiamo iniziare a scalare.
Leggi la seconda parte:
Scalare il business: quando e a che velocità farlo per crescere