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Capitale Umano: a che punto siamo in Italia?

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3

minuti

lavoratore al centro

La sensazione è che si stia cercando di costringere entro griglie prestabilite qualcosa che, in realtà, è di difficile schematizzazione. Il capitale umano non è un macchinario regolabile, non è un dato analitico e non è uno strumento tecnologico, ma è l’insieme delle conoscenze implicite e non formalizzate, delle abilità e delle esperienze appartenenti alle persone che lavorano all’interno di un’azienda.

Le qualità e le competenze dei nostri collaboratori costituiscono un reale vantaggio competitivo e tutti i piani per il nostro futuro iniziano da lì. Negli ultimi quindici anni, le imprese si sono trovate ad operare in una realtà caratterizzata da profonde rivoluzioni tecnologiche e da una crescente flessibilità e specializzazione delle professioni.

 

In un contesto economico e lavorativo in rapida evoluzione, diviene necessario porre al centro il capitale umano, l’elemento più prezioso di un’azienda.

 

 

Investire in cultura aziendale per valorizzare il capitale umano

 

Se in passato la cultura aziendale era un argomento relegato al sito web dell’azienda o ai manifesti motivazionali appesi sulle pareti degli uffici, oggi i CEO e le divisioni HR si sforzano sempre più di creare programmi finalizzati al miglioramento dell’esperienza complessiva dei lavoratori secondo un approccio olistico, che prenda in considerazione tutti gli elementi capaci di incidere su soddisfazione, benessere e engagement.

 

Le imprese iniziano ad adottare nuovi e diversi modelli organizzativi, dove all’analisi delle competenze si affiancano valutazioni e studi sempre più specifici riguardanti le attitudini personali. Si è sempre più impegnati nello sviluppo di strumenti in grado di definire, gestire, monitorare, valutare e comunicare l’importanza assunta dalle proprie risorse nel processo di creazione di valore – in termini di conoscenze, competenze e relazioni. La tradizionale abitudine a trattare i temi di cultura aziendale, career development, empowerment e gratificazione come processi del tutto indipendenti l’uno dall’altro, oggi viene meno.

 

L’employee experience, un nuovo dato per misurare la cultura aziendale

L’employee experience, cioè il complesso di esperienze vissute dal lavoratore come risultato della sua interazione con l’azienda, è un elemento sempre più tenuto in considerazione dai top CEO e dai responsabili HR. Dall’ultima ricerca di Deloitte Human Capital Trend 2017 condotta a livello internazionale, è emerso che circa l’80% degli executive considera l’employee experience una tematica molto importante o importante. Tra questi, il 22% ritiene che la propria azienda sia stata eccellente nella definizione di un’employee experience differenziata.

 

employee experience analysis

In un mondo in continua trasformazione, dove cambiano sempre più le aspettative e i bisogni dei lavoratori, l’employee experience diviene una leva importante di competitività esterna ed engagement.

 

Così come le aziende oggi misurano la customer experience, anche il reparto HR cerca di monitorare la salute, il benessere e la produttività dei lavoratori. Tuttavia, secondo i risultati del survey, attualmente l’Italia non ha ancora raggiunto i livelli ottimali su questo fronte. Infatti, la maggior parte delle aziende (il 47%) misura il livello di benessere dei propri lavoratori una sola volta l’anno e ben il 13% non prevede ancora programmi specifici.

 

Investire in employee experience significa investire in capitale umano, promuovendo l’engagement e la costruzione di una forte cultura aziendale.

 

Affinché, però, il ROI corrisponda ai risultati attesi, sono necessari feedback costanti, azioni mirate e monitoraggio continuo.

In gioco vi è non solo il raggiungimento di risultati migliori, ma anche la capacità di trattenere in azienda le risorse umane più qualificate e, naturalmente, la possibilità di attrarle.

Se sei interessato ai temi della leadership e del management, clicca qui!

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