Sanno cogliere le sfumature delle cose, comprendere gli altri, comunicare i propri pensieri in modo efficace. Le donne hanno tante qualità quando ricoprono ruoli di potere. Alle doti accertate si aggiunge, il più delle volte, una preparazione superiore alla media e un’attitudine ad acquisire nuove competenze che supera di gran lunga quella di molti uomini.
Uno studio del Peterson Institute for international economics di Washintgon, riguardante 21.980 imprese in 91 Paesi, segnala la grande capacità delle donne a generare utile quando sono alla guida di un’azienda. Secondo i ricercatori americani, infatti, le imprese dove almeno il 30 per cento del board è rosa conquistano un incremento del 6 per cento della quota di utile netto.
In Italia, dove ad essere monitorate sono state 196 aziende di varie dimensioni, il risultato è ancor più sorprendente. Con la più alta partecipazione delle manager nei board delle quotate, risulta al terzo posto in Europa, dopo Norvegia e Lettonia, per presenza femminile ai vertici aziendali.
I dati sono aggiornati al 2014, quando l’Italia aveva il 24 per cento di donne nei consigli d’amministrazione delle quotate, ma il monitoraggio, svolto fino al momento in cui scrivo, rivela ulteriori progressi. Ad oggi la percentuale di donne al vertice ha raggiunto il 28 per cento. Merito della legge sulle quote entrata in vigore nel 2012, ma anche di una diversa mentalità e cultura di genere diffusa a più livelli della società, oltre che del cambio generazionale, che vede oggi, molto più che in passato, le donne giocarsi ruoli di responsabilità al pari degli uomini.
A confermare la ben riposta fiducia nella leadership femminile c’è il miglioramento, da parte delle manager, del conto economico delle imprese. Fatto questo che l’economista Daniela Del Boca spiega con la consapevolezza, insita in ognuna, di essere sotto esame e dover dare oltre il massimo in ogni circostanza.
Il caso Pomellato fornisce un esempio possente di questo tipo di leadership femminile che è anche visione e valore aggiunto per l’economia italiana ed internazionale. Dopo essere stata brand manager per Armani e Vice Presidente di Bulgari, Sabina Belli è diventata Ceo del Gruppo, avendo come missione quella di portarlo ad essere tra i primi dieci marchi globali di gioielleria. Cosa può aver spinto i vertici di Kering, il global Luxury Group divenuto proprietario di Pomellato, e tanti altri marchi famosi come Gucci, Bottega Veneta, Balenciaga, Alexander McQueen, Brioni, Bouncheron ed altri, a scegliere la Belli per traghettare Pomellato nel futuro? Certamente un curriculum di tutto rispetto, ma non solo. A volte i curricula non bastano. Occorre possedere altro. Sabina Belli questo “altro” ha dimostrato di averlo in tante sfide trasformate in successi, non ultima quella di “formare” il gusto delle nuove generazioni di consumatrici.
Per ottenere consenso, le donne lavorano mediamente di più, sono molto preparate e si formano continuamente per dimostrare di meritare il posto che è stato loro affidato.
Ma non è solo la legge sulle quote. Le donne hanno anche talento per gli affari e si dimostrano brave imprenditrici quando decidono di diventarlo.
Nei mesi scorsi la nomina di Silvia Candiani ad Amministratore Delegato di Microsoft Italia è stata accolta molto positivamente dai mercati. Si tratta della prima donna a ricoprire questo ruolo. Un fatto di per sé straordinario se pensate che la filiale italiana del colosso americano conta 850 collaboratori e una rete di 10 mila partner sul territorio. La Candiani è stata chiamata ad accompagnare le organizzazioni italiane, pubbliche e private, nel percorso di trasformazione digitale verso le nuove tecnologie: Cloud Computing, Big Data, e Artificial Intelligence.
Prima di entrare in Microsoft, dove negli ultimi tre anni aveva guidato la divisione Consumer e Channel per l’area dell’Europa Centrale e dell’Est, Silvia Candiani ha maturato una lunga esperienza in Vodafone, McKinsey e San Paolo Imi, a riprova di una preparazione eccellente e di una carriera costruita nel tempo.
E se ve la immaginate come una virago, dal temperamento risoluto e dedita esclusivamente alla carriera, è giusto sappiate che Silvia Candiani è una “mamma, una moglie e una manager in ordine sparso”, come lei stessa si è definita in un’intervista al Corriere della Sera, in pratica una donna capace di conciliare vita privata e professionale senza rinunciare a sé stessa.
“L’economia si basa sulla vita delle persone, per capirla al meglio è importante avere empatia, seguire pensieri, sogni e speranze di chi ti sta accanto”, dice Melissa Peretti, la prima donna ad assumere la carica di Country Manager Italia di American Express, presso la quale guida oltre mille collaboratori. Parole che esprimono forse il perché la leadership, quando è rosa, ha una marcia in più.
L’avanzamento di una carriera iniziata nella stessa American Express la sua, a dimostrazione che si può ancora scalare dal basso i vertici di un’azienda e divenirne il “capo”, se sei bravo.
Comunicazione, Empatia, Vision, Maturità, Prospettiva. Sono queste le cinque migliori qualità delle donne alla guida di una azienda, cui è giusto aggiungere determinazione e creatività, indispensabili a sviluppare progetti e nuovi mercati, od oceani blu, come direbbe un’altra donna, Renée Mauborgne, anche lei eccellente nel suo campo. Stando alle sue teorie, confluite in uno dei libri più letti nella storia del management, la svolta di ogni business non sta tanto nell’idea geniale in grado di sbaragliare la concorrenza, quanto nel dare un valore innovativo a qualcosa che già esiste, interpretandolo in forma diversa. Ecco! Questo le donne sanno farlo bene.
Ed è per questo, ad esempio, che Nicoletta Spagnoli, Amministratore Delegato della “Luisa Spagnoli”, società e brand della moda tra i più rinomati, dopo una laurea in farmacia e un periodo di studio negli Stati Uniti, nel 1983, chiamata dal padre a lavorare nell’azienda di famiglia, ne ha assunto il controllo, trasformandola nella prestigiosa casa di moda che è oggi. Sotto la sua guida, infatti, l’azienda ha espanso il proprio mercato e visto crescere il fatturato dai 90 miliardi di lire del 1986 ai 117 milioni di euro del 2006.
Insomma le donne al comando fanno crescere l’utile dell’azienda e la notizia la confermano non solo le ricerche di mercato. Sono i fatti, gli eventi, le storie a ricordarci quotidianamente quanto l’apporto femminile al mondo del lavoro sia una fonte inesauribile di sorprese e ricchezza per tutti. Non dar seguito al trend positivo che le vede sempre più affermate e ai vertici della società civile, sarebbe come rinunciare ad un ottimo affare… e questo, i businessman non lo fanno mai!
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