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Leader nevrotici: vizi e perversioni del potere

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Ci sono guaritori che causano più mali della malattia da curare

Hai mai avuto un capo che interferisce nei processi creando caos e alterando procedure altamente funzionali? O un capo che ha complessi di autostima e di fronte a pareri diversi dai suoi si impone con un “Si fa così perché decido io”? O, peggio ancora, un capo che interviene facendosi forte della sua grande esperienza anche quando si trova ad operare in nuovi contesti che richiedono nuove competenze? Secondo Nassim Nicholas Taleb, questi sono perfetti esempi di “iatrogenesi”, ossia di una malattia indotta e causata proprio da colui che dovrebbe guarirla. Naturalmente si tratta di una “patologia” gestionale che può diventare anche sociale, perché compromette i rapporti interpersonali, o economica, perché può avere ricadute nefaste sul rendimento dell’impresa.

 

Il paradosso del potere

“Il potere è l’afrodisiaco supremo” ha detto Henry Kissinger.

Che cosa succede al cervello delle persone di potere? Recentemente è stato pubblicato sull’Atlantic un articolo che si intitola: Il potere causa danni cerebrali. Secondo Dacher Keltner, docente di psicologia all’università di Berkeley, vent’anni di ricerca e di esperimenti sul campo hanno messo in luce che i soggetti in una posizione di potere agiscono proprio come se avessero subìto un trauma cerebrale. Diventano più impulsivi, meno consapevoli dei rischi e, soprattutto, meno capaci di considerare i fatti assumendo il punto di vista delle altre persone.

Secondo Sukhvinder Obhi, un neuroscienziato dell’università dell’Ontario, quando alcuni studenti vengono messi in una condizione di potere, si registrano modificazioni in un loro uno specifico processo neurale: quello del rispecchiamento, fondamentale nella capacità di provare empatia. Cosa supporta una posizione di potere quando viene a mancare la connessione empatica con il resto del team?

 

I dati in grande quantità sono tossici

In primo luogo i dati. Chi lavora in una grande azienda ed è in una posizione di potere può accedere tempestivamente ad una grande mole di dati, ma spesso sottovaluta il fatto che questi vanno interpretati.  Prendere decisioni economiche e gestionali affidandosi esclusivamente ad essi provoca gravi effetti collaterali.

 

“I dati hanno una proprietà che raramente viene trattata: sono tossici in grandi quantità e persino in quantità moderate” sostiene Nassim Nicholas Taleb.

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In ambito medico è riconosciuto il potere curativo del digiuno che permette di evitare i flussi ormonali derivanti dall’ingestione di cibo. Gli ormoni veicolano informazioni al sistema biologico e se sono troppi lo confondono. Allo stesso modo, i dati veicolano informazioni all’intelligence e se sono troppi la danneggiano.

“Assumere notizie e zuccheri tutti i giorni ci confonde alla stessa maniera”.

 

I piani strategici compulsivi sono fragili

In secondo luogo, molto spesso i manager adorano l’idea di elaborare piani strategici e sono disposti a pagare qualcuno per comprendere in che direzione andare. Eppure, non esistono prove che la pianificazione strategica esista davvero, anzi pare sia vero il contrario. Quando un manager indirizza costantemente il team verso soluzioni univoche, sia operative che strategiche, e azzera tutte le opzioni, crea un sistema fragile che di fronte all’imprevisto resta intrappolato in linee d’azione predefinite.

 

“Sulla base di test empirici – scrive Taleb – è emerso che quasi tutto ciò che c’è di teorico nella gestione aziendale, dal taylorismo alle storie sulla produttività, è pseudoscienza e, come molte teorie economiche, vive in un mondo parallelo a quello dei fatti”.

 

In genere è meglio investire sulle persone che sui business plan, soprattutto su quelle persone che sono in grado di cambiare sei o sette volte nell’arco della carriera e anche di più.  Questo genere di persone, i camaleonti, sono in grado di percepire rapidamente le variazioni del contesto, di adattarsi agevolmente alle circostanze e di creare sinergia con la visione del leader.

 

I leader nevrotici possono guarire?

L’efficacia “dell’anello del potere” varia a seconda delle intenzioni, della forza di volontà e delle azioni di colui che lo indossa. La capacità di mantenere la lucidità è connessa al riconoscimento di un segnale molto importante: la fiducia dei collaboratori. La leadership si basa sulla capacità di attivare coesione, fiducia e consenso. Quando la nevrosi cresce e l’empatia si riduce, comunicazione, ascolto e confronto vengono meno. Di conseguenza la fiducia dei collaboratori va in caduta libera. Per aiutare qualcuno a mantenere salda la sua leadership c’è una cosa che possiamo fare: ricordargli il segnale della fiducia come infallibile indicatore di performance della leadership. Dalla nevrosi del potere si può guarire attraverso la consapevolezza dei suoi effetti: la crisi della fiducia, la fragilità del consenso e la perdita del potere stesso.

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