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La motivazione irrazionale: 3 lezioni dall’economia comportamentale per gestire meglio i team

motivazione

Nel mondo complesso e sempre più dinamico del management aziendale, comprendere il comportamento umano è fondamentale per guidare con successo team, imprese e organizzazioni. Anche le scienze comportamentali, infatti, dedicano ormai da anni un focus speciale alle dinamiche in atto all’interno degli ambienti aziendali e oggi costituiscono sempre di più una guida preziosa per conoscere come funzionano i team e soprattutto come possono funzionare meglio.

Uno dei contributi più significativi nel campo dell’economia comportamentale, a cui molti dei più attuali studi a livello internazionale attingono, è sicuramente quello del premio Nobel per l’Economia Daniel Kahneman. Dalla sua notissima teoria dei due sistemi della mente, il Sistema 1, intuitivo ed emotivo, e il Sistema 2, più lento, razionale ed analitico, allo studio dei bias cognitivi, Kahneman, oggi Professore Emerito di Psicologia alla Princeton University, ha gettato nuova luce sul modo di guardare e comprendere il processo decisionale umano evidenziandone un fattore costante: l’irrazionalità.

Come (non) funzionano i team…

Le scienze, in effetti, sono piuttosto concordi: non agiamo mai in modo completamente razionale, neanche quando siamo convinti di farlo. E, soprattutto, non lo facciamo neppure quando si tratta di decisioni che possono avere conseguenze di grande impatto, sia a livello individuale, sia a livello collettivo. Proprio come i singoli, anche i team non funzionano in modo del tutto razionale e le loro dinamiche interne sono soggette alla forza dell’irrazionalità che agisce in tutti i comportamenti umani.

… e come farli funzionare meglio

Fattore pressoché ineliminabile, l’irrazionalità è troppo spesso considerata del tutto imprevedibile: se studiata e compresa, infatti, può diventare un utile strumento non solo per migliorare il decision making individuale, ma anche per gestire meglio quello degli altri, nutrendo la motivazione dei team e rendendoli più efficaci, produttivi e soddisfatti.

La buona notizia, infatti, è che esistono dei pattern ricorrenti di irrazionalità e le distorsioni cognitive sono dunque prevedibili: anzi, conoscerle può aiutarci a migliorare le pratiche di management e di gestione delle risorse e dei talenti.

3 verità controintuitive sulla motivazione

Anche la motivazione, dinamica essenziale all’interno di ogni team di lavoro, grande o piccolo che sia, vive all’interno di questo contesto e “subisce” le forze dell’irrazionalità. E per certi aspetti agisce in maniera quasi “controintuitiva”.

Tratte da numerosi esperimenti condotti da team accademici e da studiosi di scienze comportamentali, ecco tre “verità” controintuitive utili da conoscere per capire se in azienda la motivazione dei team è a rischio, come farla crescere e ottenere team più efficaci.

1) La motivazione non cerca la felicità

Immaginiamo di venire dallo Spazio – propone Dan Ariely, docente di psicologia alla Duke University che da anni studia le dinamiche comportamentali umane e, in modo specifico, la loro irrazionalità. Immaginiamo di vedere, per la prima volta, delle persone correre una maratona. Cosa penseremmo? Penseremmo – continua il docente – che queste persone stiano soffrendo terribilmente, che stiano subendo una punizione dalla società.

E, in effetti, un singolo momento di corsa è fatto di fatica, sforzo e sicuramente sofferenza. Eppure, l’esperienza nel suo complesso è enormemente soddisfacente e gratificante, anche se non c’è felicità nel singolo minuto. “La verità – fa notare Ariely – è che cerchiamo molte altre cose, a volte a spese dirette della felicità”. Se sappiamo bene che il denaro non è l’unico driver di engagement di collaboratori e talenti, ora sappiamo che neppure la felicità, di per sé, lo è. In una maratona, ad esempio, c’è significato, c’è senso di competizione, c’è realizzazione: fattori che, in questo caso anche a scapito della stessa felicità, costituiscono la motivazione a correrla tutta. Favorire prospettive di realizzazione, un significato più ampio e una sana competizione in azienda può incrementare non solo il coinvolgimento del team, ma anche la sua motivazione a superare momenti critici e a rinsaldarsi in vista dell’obiettivo più grande, quello comune.

2) La motivazione ha un costo, ma non è solo economico

La motivazione ha un costo, che perlopiù non è economico: lo conferma un altro esperimento condotto dal team di Ariely, il quale ha sottoposto tre gruppi di persone a un compito identico, ma a condizioni differenti. Il compito consisteva nell’individuare le lettere uguali, all’interno di un foglio contenente lettere a caso, per un compenso di 0,30 dollari per il primo foglio. Compenso che sarebbe diminuito progressivamente di 0,03 dollari per ogni nuovo foglio proposto. Obiettivo dell’esperimento: capire quando i tre gruppi avrebbero detto basta e comprendere quale fattore determinasse la decisione di non proseguire. La variabile testata, a parità di condizioni, era il tipo di feedback fornito: mentre alla consegna del foglio completato il primo gruppo veniva ringraziato, il secondo veniva pressoché ignorato e liquidato con un “ah” e il foglio impilato nel mucchio. Nel caso del terzo gruppo, infine, il foglio consegnato veniva inserito direttamente nel tritacarte.

Se è facilmente intuibile che dal terzo gruppo, che ha visto letteralmente distrutto il proprio lavoro, lo stop sia arrivato molto velocemente e che il primo gruppo, gratificato dal ringraziamento, abbia resistito di più, tollerando meglio l’abbassamento del compenso economico, meno banale è la condizione del secondo gruppo. Il gruppo il cui lavoro è rimasto pressoché ignorato ha deciso di fermarsi tanto rapidamente quanto il terzo. La lezione, fa notare lo studioso, è che quando non diamo il giusto riconoscimento la motivazione ne esce compromessa, proprio come se distruggessimo il risultato prodotto dal nostro team.

Se il denaro può funzionare come driver di motivazione quando combinato al riconoscimento del lavoro svolto e alla gratitudine, difficilmente lo farà se non c’è conferma e validazione dell’operato della squadra. In quel caso, fa notare lo studioso, “i soldi non valgono il disturbo”. Il rovescio della medaglia, quello positivo, è che dare riconoscimento alle persone, anche semplicemente confermando di aver visto il loro sforzo, le motiverà a fare meglio.

3) La motivazione è intrinseca e ama l’autonomia

Spesso siamo noi stessi a cercare di razionalizzare le nostre motivazioni, immaginando che siano soprattutto esterne. In realtà, le motivazioni più forti sono quelle intrinseche. Basta pensare, sottolineano ulteriori ricerche di Ariely, ai momenti in cui siamo immersi nel flow: seppur sfidante, siamo concentrati e coinvolti nel compito che stiamo svolgendo. E nel flow, è molto facile individuare gli aspetti motivanti: li stiamo sperimentando sulla nostra pelle.

Quando, invece, usciamo da questo stato di estrema concentrazione, è difficile ricreare razionalmente le stesse condizioni. La conseguenza, rischiosa soprattutto quando si tratta della produttività di team e aziende, è quella di tendere a sopravvalutare le gratifiche “esterne” e di trascurare, invece, i fattori interni a ciascun individuo che, motivando il singolo, possono rafforzare la motivazione di tutta la squadra.

Tra questi, uno dei più potenti è l’autonomia che, spesso, secondo le rilevazioni dello studioso, è messa a repentaglio, anche inconsciamente. “Creiamo burocrazie, creiamo procedure, cerchiamo di inserire le persone in qualche processo. E come conseguenza, stiamo essenzialmente eliminando la capacità delle persone di godersi il loro lavoro” – sottolinea.

Una condizione a cui è possibile porre rimedio non aggiungendo pratiche ma, al contrario, smettendo di fare alcune cose che contribuiscono a generare un clima che abbassa la motivazione.

Per farlo, il modo più semplice è riflettere su alcuni aspetti quotidiani che spesso diamo per scontati. Che cosa comunica l’ambiente fisico in cui i nostri collaboratori lavorano quotidianamente? Li fa sentire facilmente sostituibili e di passaggio? O è un ambiente che valorizza la loro individualità e il loro talento? Particolare attenzione meritano anche i processi burocratici che possono diventare i responsabili di un clima di sfiducia all’interno dei team e a comunicare “non ci fidiamo di te”.

Quando si limita l’autonomia, si mette in dubbio la capacità di prendere decisioni: il team ne esce deresponsabilizzato e sminuito. Quando l’autonomia è valorizzata, il team può assumere in maniera più consapevole e piena le responsabilità e operare in modo da essere all’altezza delle aspettative, mettendo in sinergia i propri talenti.

Motivazione e gestione del team al Leadership Forum

Conoscere le logiche nascoste del comportamento umano per ottenere team più motivati e focalizzati sugli obiettivi: al Leadership Forum ne parliamo con Dan Ariely, uno dei più innovativi esperti di economia comportamentale e docente di psicologia ed economia comportamentale alla Duke University. Autore del bestseller globale Prevedibilmente Irrazionali, definito un libro rivoluzionario sul New York Times, i suoi TED talk contano decine di milioni di visualizzazioni. Il programma completo del grande evento annuale dedicato a business leader, CEO, imprenditori e manager, è disponibile cliccando qui.