Oltre lo smart working
Smart working: ormai da due anni una realtà all’interno dei contesti aziendali di tutti i settori e dimensioni, continua ad essere al centro di numerosi dibattiti. Fonte di difficoltà logistiche, in alcuni casi, è stato fondamentale per la sopravvivenza di una larga fetta del business nei mesi più duri della pandemia. E si è anche rivelato efficace palestra di innovazione.
Come spiega l’antropologa di impresa Jitske Kramer, autrice di numerosi studi sui temi della diversità, dell’inclusione, della sinergia di gruppo in ambito collettivo e aziendale, che la pandemia ha generato uno shock culturale in tutte le aziende del mondo, generando una notevole incertezza, per i leader, si come impostare il futuro. Divisi tra l’idea di tornare a gestire le aziende come prima e la sensazione sempre più concreta che non esista più un prima e quindi la necessità di incorporare questo cambiamento in modo da sfruttarne al massimo le potenzialità, c’è, per dirla con le parole dell’antropologa, un sola chiara consapevolezza: work has left he building, il lavoro è uscito dai suoi luoghi tradizionali e non necessariamente ha intenzione di rientrarvi, né di abbandonarli definitivamente.
Work has left the building
Tra i più estremi promotori dell’home office anche in Italia – come, ad esempio, Velvet Media, l’agenzia di comunicazione veneta che ha provocatoriamente eliminato anche gli orari di lavoro, – e chi sostiene con forza la necessità di riportare tutti in ufficio, come Elon Musk, che di recente in un paio di comunicazioni inviate ai manager di Tesla e SpaceX ha sostenuto la necessità di “essere in ufficio per almeno 40 ore la settimana”, esistono una serie di posizioni ibride, che oscillano tra i lavoro da casa e il lavoro in HQ che vanno esplorate.
L’eredità positiva della pandemia: libertà, responsabilità, leadership
Dalla pandemia, continua Kramer, ereditiamo infatti anche un dono: la preziosa opportunità di mettere in discussione e ripensare le vecchie credenze sulla cultura aziendale. Fino a poco fa credevamo che lavorare coincidesse con la presenza fisica in un edificio. Abbiamo imparato, però, che è possibile farlo in un modo del tutto diverso. Libertà e flessibilità sono parole chiave che oggi dobbiamo necessariamente considerare nella nuova organizzazione del lavoro, perché sono i fattori che hanno portato grandi vantaggi, sia a livello individuale, sia a livello aziendale.
Connessione e contatto umano come driver della crescita
Vero anche che a compendio di questa grande elasticità a soffrire è stata la dimensione della socialità. Un elemento, quello della connessione tra persone, fondamentale in azienda come in ogni altro contesto organizzativo, dove la collaborazione e le relazioni, così difficili da coltivare da remoto, costituiscono sia un requisito per il benessere individuale, ma anche un driver indispensabile per la crescita, dello sviluppo, del benessere dell’azienda stessa.
Leadership: come ripensare il luogo di lavoro
Insomma, il cosiddetto smart working, realtà ormai consolidata, continua tuttavia ad essere “croce e delizia” di tante imprese, che assorbito ormai lo shock culturale della pandemia, oggi indagano per trovare nuove strade per normalizzare, gestire ed ottimizzare la gestione delle risorse umane, individuando nuove modalità organizzative che migliorino non solo la produttività, ma anche l’efficienza e il benessere dei collaboratori.
Dal luogo agli “spazi” del lavoro
Sono 4, secondo Jitske Kramer, gli spazi da prendere in considerazione per tutti i leader che oggi vogliono ridisegnare l’organizzazione del lavoro, ricercando il giusto bilanciamento tra i vantaggi consentiti da principi di libertà, responsabilità e flessibilità e la necessità di garantire e favorire quei fattori motivanti che hanno a che vedere con la relazione, con il contatto umano e la collaborazione di squadra. Questi sono lo spazio del cambiamento, quello ibrido, quello d’incontro e lo spazio dell’esperimento.
Gestire lo shock culturale per gestire il cambiamento
Lo spazio del cambiamento
L’inizio della pandemia ha costituito uno shock culturale, spiega Kramer, un vero e proprio fenomeno antropologico, che si verifica quando le persone vengono esposte a nuove regole per un periodo prolungato. Come tale, dunque, va considerato nella sua complessità: seppur parzialmente metabolizzato, è importante conoscerne lo sviluppo e e l’andamento, per poterne valutare le implicazioni e l’impatto. Sono 4, secondo l’analisi di Kramer, le fasi che contraddistinguono il fenomeno di shock culturale portato dalla pandemia:
- 1. La fase iniziale. È quella che dà principio al cambiamento. Nel caso dell’ultima pandemia da Covid-19, si è svolta in pochi giorni, quelli che sono stati sufficienti per renderci conto della gravità della situazione.
- 2. La fase luna di miele. È la fase in cui, in generale, siamo disposti ad accogliere con entusiasmo le novità che siamo vivendo.
- 3. La fase di cambiamento. È una fase di alti e bassi, in cui ogni individuo progredisce nel suo percorso nella novità e nel cambiamento, secondo la propria propensione.
- 4. La fase di ritorno. È la fase in cui siamo ansiosi di “rientrare”, di tornare ad una normalità, ma non ancora disposti a lasciar andare alcune nuove abitudini. È per questo che si genera una sorta di shock da rientro.
Se l’esperienza dello shock culturale è, a livello individuale, vissuta nei modi più vari, è fondamentale anche valutare il suo impatto collettivo, considerando un punto fermo: “se ne esce sempre diversi.” Ed è proprio questo punto di uscita che oggi rappresenta un momento particolarmente delicato per il futuro del lavoro. La vera domanda a cui i leader devono dare risposta è: vogliamo vedere questa fase come una crisi o come un percorso di trasformazione?
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Futuro del lavoro, inclusione, diversità: Jitske Kramer al Leadership Forum
A partire da questo interrogativo cercheremo di dare una risposta concreta al Leadership Forum, il grande business event sulla Leadership e sul Management che si terrà il 26 e 27 ottobre al Teatro degli Arcimboldi, insieme a Jitske Kramer, che approfondirà, inoltre, il ruolo che la diversità e l’inclusione giocano nella creazione di una nuova cultura aziendale e della ridefinizione del futuro del lavoro.
Jitske Kramer è antropologa aziendale, imprenditrice e autrice. È inoltre fondatrice di HumanDimensions, un’organizzazione che fornisce consulenza e formazione sui temi della diversità, dell’inclusione e della cultura organizzativa. Le sue ricerche indagano i rapporti tra leadership, potere e cambiamento.
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Work differently, not harder: leadership e futuro del lavoro: qui puoi leggere la seconda parte dell’articolo.