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Gender balance: come i leader possono guidare il cambiamento

Gender balance: come i leader possono guidare il cambiamento

Le donne costituiscono il 60% dei laureati a livello globale e prendono l’80% delle decisioni di acquisto. La gender balance, quindi, non è più solo una questione di equità, ma anche un’opportunità per attrarre i migliori talenti e ottenere un vantaggio competitivo sul mercato. Eppure, quando si parla di equilibrio di genere, molte persone ancora semplicemente resistono”. Ad affermarlo è Avivah Wittenberg-Cox, esperta internazionale sui temi della gender e generational balance, che da anni affianca gli executive delle maggiori multinazionali – come Nestlé, Unilever e Bayer – supportando aziende e organizzazioni in oltre 50 Paesi nel mondo nello sviluppo di sistemi di leadership più inclusivi.

Per superare queste complessità e apportare cambiamenti tangibili all’interno dell’azienda, c’è bisogno di quelli che la fondatrice e CEO di 20-first, società di consulenza leader globale sui temi della gender e generational balance, chiama leader gender bilingual, che sappiano parlare la lingua della diversità di genere.

Per incrementare la gender balance nel contesto aziendale, Wittenberg-Cox suggerisce alcune best practice.

Gender balance: spiega perché è importante

Per ottenere il massimo dai vantaggi che derivano dalla gender balance, i “leader devono far capire al team perché l’equilibrio di genere è assolutamente necessario” per l’organizzazione. Questo “necessario equilibrio” è una grande opportunità che favorisce la crescita, aumenta la produttività, facilita l’acquisizione e la fidelizzazione dei talenti, oltre a dare la possibilità di approdare su segmenti di mercato ancora inesplorati.

Una delle organizzazioni che ha saputo cogliere le opportunità che l’equilibrio di genere può offrire, secondo l’esperienza di Wittenberg-Cox, è Diageo, multinazionale britannica operante nel settore delle bevande, oltre che una delle 100 aziende con la maggior capitalizzazione della borsa di Londra. Diageo sostiene la diversità, l’inclusione e la gender balance a tutti i livelli dell’organizzazione: dai talenti diversi che recluta, sviluppa e trattiene, al modo in cui fornisce servizi e rappresenta la diversità attraverso i brand. Il suo obiettivo è dichiarato nella mission aziendale: creare un ambiente lavorativo in cui ogni collaboratore percepisce il senso di appartenenza, così da prosperare e contribuire al meglio, e in cui c’è molteplicità di pensieri e di esperienze.

Il recruiting non basta: trattieni i talenti

Assumere più donne non basta, di per sé, a risolvere il gap di genere. Sono molte le organizzazioni, spiega Wittenberg-Cox, che investono risorse nell’assunzione di collaboratrici, ma poi non riescono a trattenerle oppure non danno loro il giusto riconoscimento. Infatti, se gli uomini sperimentano il principio di Peter – teorizzato dallo psicologo canadese Laurence J. Peter, secondo cui con l’avanzare della carriera gli uomini possono raggiungere una posizione che supera le loro competenze iniziali, portandoli a dirigere persone più competenti – le donne sperimentano il principio di Paula, ovvero occupano posizioni lavorative al di sotto del loro livello di competenza. Nonostante queste ultime siano mediamente più preparate rispetto agli uomini, a ciò non corrisponde una adeguata retribuzione e migliori possibilità di carriera, anzi, la maggior parte sono sottopromosse su tutta la linea. Questo bias crea un senso di non-equità e di ingiustizia, con possibili ripercussioni sulla motivazione personale e sulle performance lavorative. Inoltre, sottolinea Wittenberg-Cox, non permette alle donne di attualizzare tutte le loro potenzialità producendo, così, sprechi e perdita di opportunità. Si tratta di un’opposizione che non sempre è percepita all’interno dell’organizzazione ed è essenziale assicurarsi che venga riconosciuta, così da prevenirla o risolverla.

Impara a distinguere tra differenze reali e stereotipi

Esistono molte ricerche e studi che confermano come uomini e donne hanno nette differenze comportamentali. A volte, però, si confondono gli stereotipi con le differenze reali rischiando di approcciarsi in modo errato con i collaboratori e con i clienti. Per coinvolgere efficacemente sia uomini sia donne, è importante trovare “parole e messaggi che risuonino con il 100% del talento che si ha in azienda e con il 100% dei clienti, ovunque essi si trovino sullo spettro maschile-femminile”. Secondo l’esperta è giunto il momento che i leader diventino gender bilingual. Non si tratta di parlare due lingue diverse, bensì di comprendere le differenze e costruire ponti per includere tutti. Essere “bilingui di genere”, inoltre, implica anche riconoscere e sostituire le iniziative che, nate con l’intenzione di promuovere approcci inclusivi, in realtà, tendono ad ampliare il gap tra uomini e donne: “basta usare una nuova lente attraverso cui guardare il talento e i clienti che già hai o desideri ottenere”. Il problema della gender balance, infatti, va trattato come un qualsiasi altro problema aziendale

Gender balance: le parole contano

Gli esseri umani, per loro natura, tendono ad avvicinarsi a chi è più simile a loro. Proprio per questo principio, CEO, manager e business leader sanno quanto sia difficile spronare i collaboratori a scoprire e conoscere nuove persone che rappresentino i talenti e i mercati del futuro. Anche in questo caso, il fulcro dell’operazione sta nell’usare un linguaggio inclusivamente neutrale che non cada nella sfera del politically correct, che rischia di suonare (ed essere) poco autentico. Le parole che diciamo, e come le diciamo, contano. Per questo è importante usarle correttamente. Ad esempio, è giusto parlare di meritocrazia – spiega Wittenberg-Cox – ma sarebbe meglio evitare di annunciare obiettivi come “avere un gruppo dirigente composto per il 30% da donne entro il 2030”, messaggio ancora molto comune nelle aziende, ma che rende questa dichiarazione di intenti quasi una forzatura. Wittenberg-Cox suggerisce ancora di utilizzare, anziché la parola “donne”, parole come “talento” o “clienti” o “equilibrio” perché evitano l’alienazione e sono strategicamente più rappresentative dell’equilibrio stesso.

La gender balance aumenta la competitività aziendale

La gender balance, come già detto, non è solo una questione di equità, ma anche di vantaggio competitivo. È una mossa strategica che non sempre i collaboratori colgono, per questo spetta a leader e team manager la responsabilità di spiegarlo e renderlo evidente, senza che il compito sia onere esclusivo delle HR e, tantomeno, delle collaboratrici donne pensando che, in quanto tali, siano più adatte ad affrontare questo problema soltanto perché le tocca da vicino. Se l’obiettivo è portare le persone a prendere sul serio la gender balance, sono i leader a doverne trasmettere per primi l’importanza ai manager, premiando coloro che costruiscono team equilibrati. Tuttavia, “ci vuole più di un amministratore delegato per introdurre un cambiamento tangibile all’interno del DNA aziendale”: i leader di oggi hanno il compito di istruire i leader di domani sull’equilibrio di genere.

Le persone oltre i collaboratori

Come qualsiasi persona, anche i collaboratori hanno una vita privata. È importante che i membri dei team si sentano liberi di portare loro stessi al lavoro. Riconoscere in modo proattivo i cambiamenti e le fasi della vita dei collaboratori – come matrimoni, lutti o nascite – è importante, ma a maggior ragione è importante essere neutrali rispetto al genere in ogni discussione, ad esempio, sulla genitorialità o sulla famiglia. Wittenberg-Cox, anche in questo caso, propone di utilizzare termini specifici per essere inclusivi, ad esempio sostituendo i riferimenti al congedo di maternità con l’espressione congedo parentale. Non c’è da dare per scontato, aggiunge l’esperta, che il motivo principale per cui esiste il gap di genere nelle organizzazioni sia perché le donne scelgono di avere una famiglia. Ancora oggi, la maggior parte degli amministratori delegati sono più propensi ad accettare che le collaboratrici prendano il congedo parentale rispetto agli uomini. “Se volete che le donne siano leader, incoraggiate anche gli uomini a prendere congedi parentali” aggiunge Wittenberg-Cox, perché solo così potrà iniziare ad esserci un equilibrio di genere.

Gender e generational balance al Leadership Forum 2024

Di gender e generational balance come imperativi strategici per rendere le aziende più eque e competitive continueremo a parlare al Leadership Forum, il grande business event in Italia dedicato alla Leadership e al Management, insieme ad Avivah Wittenberg-Cox, fondatrice e CEO di 20-first, società di consulenza leader globale sui temi della gender e generational balance, consulente per gli executive di multinazionali come Nestlé, Unilever e Bayer, Ambasciatrice dello Stanford Center of Longevity e del Global Peter Drucker Forum di Vienna.

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