Le cose stanno peggiorando: realtà o preconcetto?
Le cose vanno sempre peggio. È una frase che sentiamo pronunciare molto spesso, a volte siamo noi stessi a pensarlo, ad avere questa percezione quasi istintiva.
Ma è davvero così? In realtà, lo confermano numerosi studi, ad agire dietro questa percezione c’è il cosiddetto negativity bias. Si tratta del fenomeno per cui le notizie negative hanno un impatto maggiore sul nostro cervello, rispetto al quelle positive. In effetti, da un punto di vista evolutivo, siamo programmati per prestare maggiore attenzione alle minacce e ai pericoli che ci circondano. Per ragioni, di salvaguardia e sicurezza un tempo necessarie per preservare i nostri antenati da rischi molto concreti, le notizie preoccupanti, allarmanti occupano più spazio nella nostra mente. Ad alimentare questo fenomeno contribuisce anche la grande quantità di informazioni che oggi, da tantissimi canali e a qualsiasi orario, è disponibile, e che arriva alla nostra attenzione in modo volontario, quando siamo noi a cercarlo, ma anche involontario, quando sono loro a colpirci.
Pessimismo cosmico e ottimismo locale
I media, inoltre, non di rado sfruttano questo bias per catturare l’interesse di lettori e spettatori. In un contesto di mercati globali e altamente competitivi, la diffusione di notizie particolarmente drammatiche produce effetti duplici e contrastanti. Da un lato, genera pessimismo, che si diffonde su scala internazionale provocando ripercussioni più o meno dirette su tutti: società, individui, istituzioni, imprese. Dall’altro un eccessivo ottimismo “locale” può alterare l’effettiva percezione della capacità di reazione di tutti gli stakeholder coinvolti. In ogni caso il rischio concreto è quello di una visione distorta della realtà, che influisce negativamente sulla capacità decisionale non solo a livello individuale, ma in maniera molto più importante su quella di leader e decision maker che hanno in mano responsabilità di tipo collettivo.
Factfulness: alla ricerca di una prospettiva più equilibrata
Ma come si esce da una visione distorta della realtà? Occorre ricominciare a prendere decisioni basate sulla realtà dei fatti.
Lo sostiene fermamente Anna Rosling Rönnlund, coautrice insieme a Hans e Ola Rosling del bestseller mondiale Factfulness, nel quale i tre studiosi hanno condensato i loro studi sull’importanza di conoscere e riconoscere i principali istinti e bias che influenzano le nostre visioni del mondo e quella di saper ricostruire una prospettiva più bilanciata, per prendere decisioni più equilibrate ed informate. Gapminder, la fondazione che oggi porta avanti gli studi di Anna e Ola Rosling, spiega infatti che la sua mission è quella di combattere pregiudizi, luoghi comuni e convinzioni errate su scala gloable.
I fatti come antidoto alla paura
Quando si è condizionati da una visione negativa, si diventa eccessivamente cauti e riluttanti a prendere decisioni audaci e strategiche. Ciò può portare a un focus eccessivo sui rischi e sulle potenziali perdite, piuttosto che sulle opportunità di crescita e sui benefici a lungo termine. Inoltre, un clima di paura e incertezza influenza negativamente il morale dei collaboratori e la fiducia di clienti e investitori. Per superare questi ostacoli, nella valutazione dei mercati e dei trend globali è cruciale per i business leader adottare un approccio incentrato sulla factfulness.
Oggettivi, concreti, tangibili, confutabili, comparabili: i fatti sono il migliore punto di partenza per cercare di recuperare una percezione del mondo e di ciò che in esso accade il più veritiera possibile.
I 10 istinti che alterano la nostra visione della realtà
Tra i luoghi comuni e le errate convinzioni più diffusi, Anna Rosling Rönnlund ha individuato, nel contesto dei suoi studi sulla cosiddetta factfulness, 10 istinti che più di altri condizionano la nostra capacità di analisi, distorcendo la percezione della realtà tanto da inasprire ulteriormente i problemi e da rendere meno efficace il modo in cui reagiamo ad essi.
Mind the Gap
L’istinto del divario (gap) è un istinto molto forte verso il pensiero binario. Consiste nella tendenza a dividere tutto ciò che ci circonda in gruppi distinti, senza vie di mezzo. È quell’istinto che ci guida nella distinzione tra buono e cattivo, tra società occidentale e non, tra società ad alto reddito e basso reddito, tra paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati, e altre dicotomie. Come se le uniche opzioni a disposizione fossero sempre e solo l’una l’opposto dell’altra, senza possibilità intermedie.
Due notizie: una cattiva e l’altra…
L’istinto della negatività è una tendenza molto visibile nello stile comunicativo diffuso a livello mondiale, che come accennavamo sopra, si concentra su narrazioni drammatiche per far leva sulle emozioni. Le buone notizie esistono, sono numerose, come anche quelle più “neutre” ma più quotidiane e “piccole”: semplicemente non vengono riportate, perché quelle “cattive” e più plateali hanno un impatto più forte sulla nostra attenzione. Il progresso è spesso lento e disordinato e per questo raramente fa notizia.
Linee rette e punti di svolta
L’istinto della linea retta è quello per cui ci aspettiamo che le cose continuino a crescere o decrescere in modo costante, come se seguissero un trend uniforme rispetto al passato. Le tendenze, invece, raramente seguono una linea retta. Viaggiano piuttosto su traiettorie curve e discontinue. Il passato non è un indicatore del futuro: il progresso è costellato da punti di svolta che non si riflettono sempre nei dati storici.
Contestualizzare sempre
L’istinto delle dimensioni è la forza che agisce quando si guarda erroneamente ai dati grezzi, senza contestualizzarli. L’attenzione a una mole di dati molto ampia che non tiene conto del contesto distorce la visione del mondo, inducendo a sottovalutare alcune proporzioni e allo stesso tempo a sopravvalutarne sistematicamente altre.
Conoscere la paura
L’istinto della paura risale alle origini dell’uomo. Un tempo la paura ci aiutava a sopravvivere, ma oggi alcuni timori ancestrali continuano a perseguitarci, alimentando la tendenza a esagerare enormemente le minacce che viviamo. Essere particolarmente concentrati nell’identificare le minacce e reagire ad esse ci rende ciechi di fronte al quadro generale.
Il ruolo delle categorie
L’istinto della generalizzazione è quello che spiega l’amore umano per le analogie. Ci piace creare categorie e generalizzare. Ma, se da un lato queste generalizzazioni danno struttura ai pensieri, dall’altro possono distorcere la nostra visione del mondo. Questo istinto induce a raggruppare erroneamente cose, persone o Paesi e a credere che tutti gli elementi di una certa categoria siano uguali.
Le storie non sono già scritte
L’istinto del destino è quello che ci porta ad avere pregiudizi, a considerare le cose immutabili, a fare ipotesi sul fatto che certe società siano destinate a vivere in un determinato modo. Non accorgendoci dei piccoli e lenti cambiamenti che si verificano nel tempo, ci limitiamo a perseguire sempre la solita conclusione: “è destino e non cambierà mai”.
Se è troppo facile per essere vero, probabilmente non è vero
L’istinto della prospettiva singola è la tendenza a preferire spiegazioni semplici, ignorando prospettive e complessità di livelli diversi. Quando ci lasciamo condizionare da questo istinto, ci aggrappiamo al nostro punto di vista, evitiamo nuove informazioni discordanti o di parlare con persone che mettono in dubbio le nostre teorie.
Tutti siamo potenzialmente responsabili
Istinto dell’accusa è quello che ci fa cercare e trovare sempre qualcun altro da incolpare. Ci rende ciechi di fronte al fatto che sono numerosi i fattori che contribuiscono alle situazioni, compresi noi stessi.
La storia (non) sta finendo
L’istinto dell’urgenza governa quella visione tragica della realtà che a sua volta genera un costante senso di crisi e tensione. È uno stato che può indurci ad agire prima di aver considerato la linea d’azione migliore. Quando prendiamo troppo rapidamente le decisioni, queste potrebbero condurre ad azioni poco ragionevoli e scarsamente efficaci quando non persino dannose.
Interpretare i trend, per aprire nuove strade per il business
“Quando sposiamo una visione del mondo basata sui fatti, vediamo che la realtà non è brutta come sembra e capiamo cosa fare per continuare a migliorarla.”
Anna Rosling Rönnlund, esperta di trend globali e cofondatrice di Gapminder, coautrice del bestseller mondiale Factfulness, tradotto in oltre 36 lingue e nominato per il Business Book of the Year Award 2018 dal Financial Times, sarà sul palco del Leadership Forum 2023 per tracciare insieme agli oltre 1500 business leader, CEO, imprenditori e manager una nuova prospettiva sulla visione globale.
Il business event dedicato interamente ai temi della leadership e del management si terrà il 25 e il 26 ottobre 2023 al Teatro degli Arcimboldi di Milano (e in diretta streaming) e ospiterà sul palco, oltre a Rosling Rönnlund, alcuni dei più influenti business thinker, imprenditori ed accademici a livello internazionale. Un grande evento per cambiare il business oggi e guidare il futuro.
Il programma completo di tutti gli speaker è disponibile cliccando qui.