Robin Good è il pioniere del marketing online in Italia, il primo ad aver fatturato un milione di dollari con Google. Uno dei maggiori esperti in Europa, citato in più di 100 libri, nei blog, nei social e nei siti specializzati di settore. Oggi vive in Portogallo, ma solo momentaneamente (nell’intervista ci spiega perché), e sta scrivendo due libri, mentre prepara il suo intervento per Performance Strategies. Abbiamo voluto fare due chiacchiere con lui sulla situazione del marketing online, sulla comunicazione digitale e non solo, approfondendo argomenti utili a chi opera in questo campo e attraverso la digital strategy vuole migliorarsi.
Ciao Robin, da sempre sostieni che la comunicazione è basata sulla cura della community: tu quanto tempo dedichi ai tuoi fan e, nello specifico, quanto alle tue meravigliose newsletter?
A volte solo un momento, altre volte mi arrendo: non ho un giusto messaggio da dare e finisco per fornire solo delle informazioni spicciole. È difficile dargli un tempo, non è un lavoro di content marketing o di content strategy, questo è un lavoro personale, di relazione con il mio pubblico. Con il tempo ho capito che oltre alle strategie, le tattiche, i tool, c’è un universo infinito; se apri uno spioncino, una specie di buco della serratura, attraverso il quale chi ti legge e ti segue può scoprire un poco alla volta chi sei come persona, cosa ti gira per la testa, cosa fai quando non appari, questo viene apprezzato, perché le persone hanno la possibilità di sentirsi più vicine a te. Quindi trovare un qualcosa della mia vita personale che io sento in quel momento e voglio condividere con i fan non è esattamente la stessa cosa di schioccare le dita e dire: “Ehi, andiamo a vedere su Google qual è l’argomento che tira di più e facciamoci un rilancio“”.
Quali sono gli errori che più di frequente si vedono nella comunicazione con la propria community?
Il primo errore è vendere la propria anima, ad una serie di tattiche, se non addirittura strategie, che servono a velocizzare il cammino e fare le cose in automatico. Questo piano piano ti porta a cercare di scalare le cose, e più le scali più devi accettare compromessi, fare delle cose che normalmente non faresti con delle singole persone. Il pericolo più grosso è vendersi a tattiche e strategie che puntino principalmente ad aumentare il traffico e i profitti, invece che ad aumentare le variabili capaci di generare profitti e visite.
Qualcuno spende migliaia di euro per comprare tool e strumenti che servono esclusivamente per aumentare traffico e visite, ma quando si stacca la spina, tutto si ferma. Chi invece mette a fuoco con uno sguardo più organico, più olistico, quello che c’è da fare, per poi ottenere guadagni e profitti, capisce che se usa solo le tattiche e le scorciatoie e gli strumenti per fare più velocemente ottiene risultati nell’immediato ma non sviluppa quel cordone ombelicale profondo solido, difficile da tagliare da un giorno all’altro. Dico sempre di non fare ciò che dice la seo, perché per la troppa premura di voler essere più visibili e voler produrre dei soldi facendo tutto in funzione di essa si rischia di spersonalizzare voci, siti e blog. E questo è un male inaccettabile. Chi vuole fare questo mestiere, come me, deve annotare su un suo foglietto, un blocchetto, qualunque idea, qualcosa che ti fa battere il cuore. Io stesso ho fatto autocritica, perché non portavo con me una Moleskine per annotare tutte le ispirazioni.
Ci stai dicendo che il segreto è annotarsi tutto?
Nessuno obbliga le aziende a fare la newsletter il giorno della newsletter. Per esempio io adesso posso scrivere qualcosa che ispiri le persone, che magari può tornare utile tra due anni. Oggi non c’è l’ispirazione, ma hai due persone nel dipartimento marketing? Bene, fagli mettere questa Moleskine in tasca. Fagli fare un brainstroming su quali sono le cose che li ispirano. Fagli scrivere quattro newsletter, in modo che ogni volta che ne lanci una ne hai già tre pronte!
Oltre al taccuino cartaceo ci consiglieresti tre tool digitali per non far scappare l’ispirazione?
Google, per quanto possa stare antipatico mi sembra ancora il migliore, nello specifico Docs per prendere delle note; l’alternativa con la quale conservare momenti di ispirazione mentre giri sul web e ti imbatti in cose interessanti che potrebbero offrirti uno spunto, è Google Bookmarks, che una volta si chiamava Google Stars, ed è in continua evoluzione. È un’estensione che si può aggiungere al browser e dà la possibilità di salvare i preferiti in un formato più utilizzabile, più amichevole, più visivo di quello a cui siamo abituati con qualsiasi altro browser usiamo. Se invece volessimo conservare in maniera duratura quello in cui ci imbattiamo online, perché può capitare che registriamo un bookmark, ma quel link o quel testo poi scompare, io suggerisco Diigo.com, pensato per il mondo accademico; consente di mettere da parte tutti i link che si vuole, di annotarli, di salvarli in gruppi e anche di poterli salvare integralmente, e questo non è poco.
David Allen, uno dei nostri prossimi relatori consiglia Evernote. Lo usi?
Si, è una buona soluzione. Anzi ottima. Non lo uso ma ciò non vuol dire che non sia efficace.
Accessibilità del web vs competenze: come si fa ad emergere?
Ti posso dire come si fa da affondare, se vuoi: sul web c’è una sorta di sindrome di Leonardo: poiché le cose sono raggiungibili attraverso una strisciata di carta di credito o una password di PayPal e poi un doppio click per “Installa“, la gente pensa che aprendo un tool o mettendo su un sito, automaticamente diventa un esperto grafico, piuttosto che un editore online o un blogger. Non è così, ma il fatto che queste cose siano accessibili a costo zero ci porta a pensare, senza alcuna logica a dire il vero, di avere la competenza per poi poterle usare. Sul web vediamo decine di migliaia di persone che vogliono aprire un blog ma poi non hanno nemmeno la più pallida idea di quello che intendono farci, e non parliamo di un piano editoriale. Parliamo di individuare una direzione, uno scopo, un obiettivo, un pubblico al quale indirizzarsi. La smania di fare è giusta, ha un senso, è un motivatore importante. Però, sul web più che mai, vista la complessità delle cose, che non si nota aprendo il proprio computer, c’è bisogno di studiare un attimo prima, pensare, farsi domande, prepararsi su cosa si desidera fare e come.
Magari può sembrare facile per un personal brand come te, ma per un’azienda?
Smontiamo il teorema che l’azienda sia differente dall’imprenditore individuale. L’azienda è fatta da singole persone che singolarmente aprono gli schermi dei pc e guardano le cose, poi magari si riuniscono in conferenza sprecando il loro tempo con i propri manager, ma sono le singole persone che prendono le decisioni.
Riassumiamo in 5 punti
1. Come fare a intercettare coloro che su Internet stanno cercando, in questo momento, ciò che tu sei in grado di risolvere. È inutile avere milioni di visitatori, il traffico vale zero. Bisogna intercettare chi sta cercando ciò che tu offri. Il problema è se tu offri troppe cose diverse.
2. Come fare per aumentare la tua reputazione, la moneta corrente sul web per oggi e per il futuro. Quali sono i passo per distinguere chi vende fuffa da chi è veramente un esperto.
3. Come creare una comunità di fan appassionati che promuovono e fanno conoscere il tuo servizio ad altri a costo zero.
4. Come entrare in conversazione e dialogo, con i tuoi fan e con i tuoi lettori per poter ascoltare con attenzione tutti i loro consigli e soprattutto per intercettare i loro problemi, le loro esigenze.
5. Come valorizzare al massimo l’ascolto nelle conversazioni con i tuoi fan e clienti per creare prodotti e servizi su misura per loro, che ti aiutino ad aumentare il tuo fatturato.
Robin, ma perché sei andato a vivere in un’isola del Portogallo?
Avevo bisogno di stare in cima ad una montagna, in una casetta isolata dove non ci fossero distrazioni, telefoni che squillano e rompiscatole. Questo è il mio monastero dove sto preparando due libri.
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