Praticamente in nessuna azienda troverete qualcuno disposto a non puntare sull’innovazione e sulla creatività. Potete scommetterci, nel 99% delle riunioni aziendali questi due argomenti verranno messi sul tavolo della discussione e troveranno un consenso pressoché unanime: “Sì, bisogna innovare. Sì bisogna essere creativi”.
Vox populi, vox dei. Ma è sempre così o si può anche andare controcorrente?
È possibile che puntare ostinatamente all’innovazione possa non produrre i risultati sperati?
Secondo Alf Rehn, speaker inserito nella top 15 di Thinkers50, non solo è possibile ma è anzi probabile.
Prendiamo l’esempio di Google:
in molti l’hanno lodata definendola un’azienda veramente creativa, ed è spesso presa come modello positivo da svariate riviste. Non stupisce quindi il risultato di un recente sondaggio che ha evidenziato come un elevatissimo numero di persone crede che sia stata Google a creare il concetto stesso di ricerca su internet.
La verità è che quello che oggi è il sito internet più visitato al mondo è entrato nel mercato durante una fase di grande espansione in cui non era né il primo né il più funzionale motore di ricerca. Certo, Google ha sempre avuto una homepage pulita e un bel set di algoritmi di gestione della ricerca, ma questo non basta per sostenere che sia stato veramente originale. Di fatto, analizzando Google oggi, osserverete un’azienda divenuta famosa per i suoi tanti e brillanti servizi web, ma anche una compagnia in cui quelli più usati tendono ad essere copie o estensioni di servizi inventati da altri.
La principale attività di Google oggi, non è più innovare, bensì assicurarsi l’acquisizione dei nuovi servizi internet che altri (gli effettivi innovatori) lanciano sul mercato. Questa attività permette all’azienda californiana di ridurre drasticamente i costi relativi a strategie di innovazione e concentrarsi invece su un servizio di talent che spesso fa la fortuna di entrambe le parti.
Dopo quanto detto chiunque potrebbe essere portato a giudicare negativamente Google. È normale, siamo sempre stati abituati a puntare il dito contro chi copia dagli altri. Ma copiare è veramente sbagliato?
La risposta è no! Google è un’azienda fantastica proprio perché ha copiato. Ha dato vita ad un sito che non possiamo fare a meno di usare proprio perché ha copiato. Provate un attimo a liberarvi dall’impostazione che tutti abbiamo ricevuto a scuola, in cui chi copia viene giudicato un imbroglione.
“I pessimi artisti copiano, i bravi artisti rubano.”
Pablo Picasso
Nel mondo aziendale prendere un’idea già esistente e lavorare per renderla ancora migliore non è certo essere dei retrogradi o dei copioni, è anzi un modo molto proficuo di essere creativi. Ci sono, certo, dei casi in cui copiare è sbagliato: lo era a scuola ad esempio, lo è nel mondo del business se si violano le leggi di copyright, ma per il resto copiare è un’attività assolutamente creativa, perché presuppone il far propria un’idea e contribuire a migliorarla fino al limite della perfezione. Per questo Picasso, parlando dei bravi artisti, ha usato la parola “rubare” , perché quando ti focalizzi su qualcosa con totale dedizione, mettendoci del tuo, la natura dell’oggetto del tuo lavoro si modifica, e passa dall’essere soltanto una pallida imitazione a essere qualcosa di tua proprietà e che porta la tua firma.
In definitiva, anche se a un primo approccio può sembrare strano, l’arte di copiare è una strategia decisamente vincente e che, soprattutto nel mondo del business, porta a risultati stupefacenti.
Se sei interessato ai temi del marketing lascia qui la tua mail!