La crescita di tutte le aziende si misura principalmente su due assi: la dimensione dell’organico e i ricavi per addetto (RPA). Quando le imprese sono indirizzate su questi due assi, in pratica, lo schema di crescita diventa un modello che è possibile prevedere.
Il processo di espansione segue, infatti, un percorso comune: nel momento in cui il personale aumenta e le entrate cercano di restare al passo con l’aumento dimensionale, all’interno di ogni azienda, succede la stessa identica cosa, a prescindere dal settore in cui opera o dal suo tipo di business.
Daniel Priestley, imprenditore di fama mondiale e fondatore della Dent Global, ha individuato quali sono le 9 fasi che ogni impresa deve necessariamente attraversare prima di diventare una grande azienda e le ha organizzate in quello che ha definito come il Percorso dell’imprenditore.
Le 9 fasi del percorso dell’imprenditore
1 – La startup, ovvero l’avviamento. Tutte le aziende all’inizio non sono che un’idea nella testa di qualcuno. Lavorando con innovazioni, piani, prototipi e competenze, qualcuno ha creato una visione, aspettandosi una ricompensa in denaro, un lavoro più significativo e un maggior grado di libertà. Nella testa dell’imprenditore, il progetto è eccezionale: è per questo che inizia il suo percorso.
2 – Lo stato brado (1 o 2 fondatori). Dopo il lancio, molte aziende si ritrovano in modalità “di sopravvivenza”, durante la quale i fondatori lavorano da soli. Non hanno dipendenti a cui affidare le vendite, l’erogazione del servizio o le attività quotidiane. In questa fase i proprietari hanno poco tempo libero, pochi soldi e poca libertà. Il loro stato d’animo si alterna tra lo stress e la noia, provano spesso un senso di smarrimento e non sanno come uscirne.
3 – La boutique in difficoltà (da 3 a 12 dipendenti con basso reddito passivo). In questa fase, all’interno dell’azienda, si comincia a formare un piccolo organico e si definiscono i ruoli. La boutique in difficoltà può permettersi di pagare degli stipendi base, ma non è molto redditizia.
4 – La boutique modello lifestyle (da 3 a 12 dipendenti con alto reddito passivo). Viene a formarsi un organico snello e dinamico, con poche spese generali e una cultura fortemente dinamica. I dipendenti si organizzano da soli, si divertono a realizzare asset digitali che raggiungono persone di tutto il mondo e sembrano più numerosi di quanti siano in realtà. Il proprietario guadagna di più di quanto guadagnerebbe come dipendente di una grande azienda e ha più libertà, più possibilità di innovare e meno stress. Spesso questo tipo di azienda fa affidamento, tra i suoi dipendenti, su una “persona chiave influente” ben nota, apprezzata nel settore e degna di fiducia.
5 – Il deserto (da 13 a 49 dipendenti). Durante questa fase di crescita, il business è troppo grande per essere considerato una piccola boutique e troppo piccolo per essere visto come una grande azienda. I costi generali aumentano al crescere dell’organico e degli investimenti. L’azienda necessita di dirigenti, manager e tecnici, ma non si può permettere questi ruoli. L’attività commerciale in sé funziona bene, ma cessa di essere redditizia e gli investimenti nei progetti a lungo termine arrestano il flusso di cassa. La cultura aziendale si incrina sotto l’effetto di sue spinte opposte: da un lato la struttura piatta del passato, dall’altra la cultura professionale del futuro. In questa fase l’azienda deve crescere o tornare a restringersi prima di finire le risorse a disposizione.
6 – La fabbrica (50+ dipendenti con basso reddito passivo). Aumentare il numero dei dipendenti senza incrementare i ricavi per addetto (RPA) crea un ambiente di lavoro stressante, conosciuto come “fabbrica”. L’azienda è infatti sempre sull’orlo del disastro economico. Ogni mese il libro paga prosciuga implacabilmente le casse. Non ci sono mai abbastanza soldi per premiare i lavoratori più produttivi, che se ne vanno, e non ci sono soldi per fare ricerca e sviluppo. La situazione ristagna. L’azienda entra in un circolo vizioso di taglio dei costi e comincia a erodere i pochi asset di cui è in possesso.
7 – Azienda performante (da 50 a 150 dipendenti con alto reddito passivo). È un team dinamico di professionisti che lavorano con risorse aziendali di qualità. L’azienda è ormai quasi irriconoscibile rispetto alla boutique lifestyle del passato. La cultura, il brand, i sistemi e i prodotti hanno ora una marcia in più e l’azienda serve più mercati e più territori. Si genera un profitto consistente grazie ad asset strategici ben sviluppati. I proprietari possono restare alla guida dell’impresa e godersi i profitti o uscirne per una somma di denaro esorbitante.
8 – Unicorno (250+ dipendenti con reddito passivo molto elevato). Questa è la situazione in cui un’azienda che si trova al posto giusto nel momento giusto riesce a scovare un’ottima opportunità nel mercato e per questo motivo ricevere un’ingente quantità di finanziamenti per far esplodere il proprio business. È il caso di Facebook, Uber e Tesla. Queste aziende, infatti, ricevono molte attenzioni in pochissimo tempo e il loro valore di mercato decolla. Queste aziende sono difficili o quasi impossibili da imitare, anche se in migliaia ci provano.
9 – La grande azienda (250+ dipendenti e posizione ben affermata nel mercato). Questo tipo di azienda è un colosso del proprio settore capace di influenzare sia il proprio business sia quello dei suoi rivali diretti e non.
In questo articolo abbiamo nominato spesso i cosiddetti “asset”. Proprio gli asset sono secondo Daniel Priestley le vere e proprie chiavi della crescita, senza le quali nessuna azienda può aspirare a sbloccare la fase successiva e arrivare vittoriosa all’ultima posizione della classifica, la “grande azienda”. Per saperne di più sui 24 asset da sviluppare per completare un percorso imprenditoriale di successo, clicca qui!
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