Fin dall’alba dei tempi, per inclinazione naturale, l’uomo ha avuto bisogno di una guida, di una figura di potere da cui prendere esempio e della quale fidarsi. Oggi, però, l’estrema settorializzazione delle professioni e delle competenze sta portando ad una trasversalità dei processi decisionali. In questo contesto, un buon leader non si pone più al vertice della piramide ma fa squadra con i propri collaboratori.
Il suo compito è coinvolgere il proprio team di professionisti nell’individuazione di obiettivi a medio termine che devono avere come scopo la crescita aziendale. In un’impresa sana e in crescita, i cambiamenti sono all’ordine del giorno: ampliamento dell’organico, investimenti più corposi, progetti ambiziosi, guadagni maggiori a fronte di spese maggiori ecc… L’importanza per il team leader di saper gestire adeguatamente il cambiamento, riorganizzando il proprio gruppo in direzione di uno scopo comune è fondamentale. In caso contrario, l’intera organizzazione potrebbe vacillare.
Marshall Goldsmith, primo executive coach al mondo secondo le classifiche di Thinkers50 e Fast Company, ha definito uno strumento utile a interiorizzare il mutamento organizzativo nella propria azienda, che mostrerà in anteprima assoluta al pubblico italiano in occasione del Forum delle Eccellenze il 17 e 18 novembre. Tutto ruota attorno ad un processo di automonitoraggio quotidiano volto a sviluppare le qualità necessarie a gestire il cambiamento, attraverso una serie di domande attive. Lo scopo è concentrarsi sugli sforzi anziché sui risultati ottenuti.
In una ricerca svolta da Goldsmith, alcuni dipendenti dell’American Airlines sono stati divisi in tre gruppi di training diversi.
Gruppo 1: Sessione di follow-up con domande “prima e dopo” sulla felicità in generale e sul proprio impegno professionale.
Gruppo 2: Ad ogni sessione doveva rispondere a domande passive, ad esempio quanto sei stato felice
oggi? Quanto ti sei impegnato?
Gruppo 3: Ogni volta doveva rispondere a domande attive, hai fatto del tuo meglio oggi per essere
felice? Hai fatto del tuo meglio per impegnarti al massimo?
Al termine dello studio, i risultati sono stati straordinariamente coerenti con le aspettative di partenza. Il primo gruppo ha mostrato scarsi cambiamenti; il gruppo 2 ha riferito buoni miglioramenti; il gruppo 3, invece, ha raddoppiato le percentuali.
In conclusione, se una qualsiasi sezione di follow-up è risultata comunque utile, quella delle domande attive ha ottenuto un’efficacia doppia nel rafforzare gli effetti positivi del training.
Una semplicissima riformulazione del linguaggio del follow-up, finalizzata a ribaltare la prospettiva portandola su ciò che il singolo individuo poteva controllare, ha prodotto una differenza significativa in termini di risultati. Il potere delle domande attive di Marshall Goldsmith consiste proprio nell’autoanalisi.
Quando non ci sentiamo all’altezza dei nostri obiettivi, abbandoniamo il campo
oppure, nella maggior parte dei casi, entriamo in azione.
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